VERSO LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Alla vigilia del trattato di Monaco, dell’ottobre 1938, l’atmosfera politica internazionale era tesa e preoccupata; un po’ tutti, però, pensavano che, dopo soli vent’anni dalla fine di un conflitto spaventoso, il mondo non sarebbe stato così pazzo da gettarsi in un’altra guerra mondiale.
Eppure, gli anni tra il 1935 ed il 1938 avevano mostrato una evidentissima escalation dei conflitti locali, un riarmo massiccio ed una progressiva aggressività nei rapporti internazionali: tutti segnali che dovevano mettere le democrazie occidentali sull’avviso.
Hitler voleva la guerra, ed era determinato a chiedere sempre di più alla comunità internazionale, finchè non avrebbero dovuto dirgli di no.
Le prove generali del conflitto furono fatte in Etiopia e in Spagna.
Già all’inizio degli anni ’30, in Italia si era diffusa la teoria secondo cui la soluzione ai problemi di sovrappopolazione e di scarsità di materie prime del Paese si doveva trovare in una ulteriore spinta coloniale (veniva ripresa un’idea nata ai tempi della guerra di Libia, in realtà).
L’incidente di frontiera di Ual-Ual (12/1934), tra italiani ed etiopici, fu il pretesto che Mussolini cercava.
A nulla valse il tentativo britannico di mediazione: il Duce, ormai, aveva deciso di “vendicare Adua”.
Si confezionò, dunque, per l’opinione pubblica, una ridicola versione dei fatti, secondo cui gli Italiani sarebbero andati in Etiopia a liberare gli Etiopi da se stessi, o, meglio dalla schiavitù in cui li teneva il Negus Hailè Selassiè.
La guerra fu iniziata, senza regolare dichiarazione, nell’ottobre del ’35, e si concluse nel maggio del ’36, dopo una lotta dura e con un grande dispendio di mezzi: nasceva l’Africa Orientale Italiana e Vittorio Emanuele diventava imperatore.
La Società delle Nazioni lanciò delle sanzioni contro l’Italia, ma il loro risultato fu tanto meschino che, già nel luglio del 1936, esse furono ritirate: la SdN aveva mostrato tutta la sua impotenza ed inutilità.
Tuttavia, nonostante che Francia ed Inghilterra, per non alienarsi le simpatie di Mussolini, avessero addolcito di molto le sanzioni, il Duce si allontanò da loro, per avvicinarsi una prima volta alla Germania nazista: si stava delineando l’idea dell’Asse Roma-Berlino, che sarebbe nato nel novembre del 1936, nonché quella del nuovo ordine mondiale, in cui le nazioni povere e anticomuniste (il patto anticomintern è del 1937) si contrapponevano a quelle “demoplutocratiche”.
Nel frattempo, Hitler non era rimasto con le mani in mano: nel 1935 aveva denunciato il trattato di Versailles e, un anno dopo, aveva occupato militarmente la Renania, senza che la Francia osasse reagire.
Ma il vero terreno di scontro tra fascismo ed antifascismo, sarebbe stata la guerra civile spagnola.
In Spagna, la vittoria del FP del 1936 aveva portato una serie di tentativi di riforma della società che erano odiosi agli occhi dei cattolici e dei proprietari, e aveva visto una scontro sempre più duro tra gli uomini del FP e quelli della Falange (formazione filofascista, creata da Josè Antonio Primo de Rivera).
Le violenze da una parte e dall’altra si moltiplicarono, fino all’assassinio del capo monarchico Calvo Sotelo, cui seguì l’alzamiento dell’esercito contro la repubblica, con la guida del comandante delle truppe in Marocco, Francisco Franco (17/7/1936).
Lo sbarco sulla penisola iberica delle truppe di Franco diede il via alla guerra civile, che costò alla Spagna quasi mezzo milione di morti, e vide episodi di mostruosa ferocia da entrambe le parti.
La guerra si concluse il 28 marzo del 1939, con l’ingresso vittorioso a Madrid di Franco: il Caudillo diventava dittatore e lo sarebbe rimasto per molti anni ancora.
Di fatto, se non ufficialmente, parteciparono alla guerra civile, dalla parte di Franco, Italia e Germania e, da quella dei Repubblicani, l’Unione Sovietica, e le Brigate Internazionali, formate da antifascisti (perloppiù comunisti, tout court) di tutto il mondo; la guerra di Spagna divenne, perciò, la metafora della lotta tra fascismo ed antifascismo, con i suoi miti ed i suoi eroismi, ma anche con molte pagine oscure.
Intanto la Germania perseguiva la sua politica di annessioni, seguendo il dettato di quanto Hitler aveva enunciato nel suo libro-guida “mein Kampf”, pubblicato nel 1924, all’indomani del fallito Putsch di Monaco.
Hitler sosteneva che tutti i popoli tedeschi dovessero riunirsi in un’unica comunità (Grossdeutschland), identificata da comuni caratteri razziali (Volksgenossen), in barba alle frontiere di Versailles.
La Germania, inoltre, necessitava di maggior spazio vitale (Lebensraum) che doveva acquisire a spese del nemico tradizionale, ossia gli Slavi.
Per questo, dal 1938 in poi, Hitler perseguì una politica di annessioni (Anschluss) che cominciarono con l’Austria (12 marzo 1938).
La tecnica da parte della Germania era sempre la stessa: sostenere la crescita di partiti nazisti filo annessionisti nei paesi da occupare, simulare disordini contro i nazisti ed intervenire in loro difesa: in Austria fu il neo cancelliere nazista Seyss-Inquart ad invitare Hitler all’Anschluss, dopo aver preso il potere con la violenza e l’intimidazione.
Tuttavia, l’Austria non era troppo scontenta di questa annessione: il 99% degli Austriaci votò sì al plebiscito che la sanciva.
Francia ed Inghilterra tendevano ad accontentare il Fuhrer, in nome dell’appeasement, cioè del tentativo di mantenere la pace ad ogni costo, lanciato dall’inglese Chamberlain; questa tecnica, però, avrebbe dato pessimi frutti: Hitler era incontentabile.
Infatti, di lì a poco, rivendicò la tedeschità dei Sudeti cecoslovacchi, che erano una minoranza (20%della popolazione) di lingua tedesca.
Per scongiurare l’intervento militare di Hitler, a Monaco, il 29 e 30 settembre del ’38, si tenne una conferenza a quattro (Mussolini, Chamberlain, il francese Daladier ed Hitler) in cui si decise l’annessione alla Germania del territorio sudeto.
Il ministro cecoslovacco Benes, che era stato lasciato fuori dalla sala del congresso, fu messo di fronte al fatto compiuto e commentò amaramente, dicendo che, se con questo sacrificio del suo paese si salvava la pace, lo avrebbe accettato, ma, in caso contrario, che Dio avesse pietà di loro.
Il 15 marzo del 1939 le truppe tedesche avrebbero occupato Praga e sarebbe sparita la Cecoslovacchia, divenuta un protettorato tedesco.
Nemmeno sei mesi dopo, Hitler avrebbe attaccato la Polonia.