Decolonizzazione e terzo mondo
Nel novecento le colonie hanno ritrovato l'indipendenza. Il processo è avvenuto a volte pacificamente, a volte con violenza. La raggiunta indipendenza non ha però risolto i problemi delle ex colonie: nella maggior parte dei casi esse sono preda della violenza, delle guerre civili, della miseria.
I movimenti di liberazione
Gradatamente, dopo la seconda guerra mondiale, i grandi imperi coloniali si dissolsero. Non si trattò di una concessione degli stati dominanti, ma di una conquista dei popoli dominati. Talvolta fu sufficiente una pacifica pressione politica e sociale, in altri casi occorse una vera e propria guerra di liberazione.
L'Unione Sovietica appoggiò alcuni dei movimenti di liberazione i cui capi, pur dichiarandosi favorevoli al comunismo, erano di origine borghese.
Un accenno di borghesia locale si era formato nelle colonie quando nella prima metà del 900 Francia, Inghilterra, Belgio e Olanda vi avevano investito ingenti capitali allo scopo di sfruttare al meglio le loro risorse: questo aveva favorito la nascita di un ceto commerciale, impiegatizio, burocratico. Furono costoro o i loro figli che, dopo aver studiato nelle università europee o americane, presero coscienza dello sfruttamento subito dai loro paesi e cominciarono a rivendicare libertà civili e politiche. Nacquero così in molti paesi asiatici e africani i movimenti politici che porteranno al raggiungimento dell'indipendenza.
L'indipendenza dell'India
Il massimo autore dell'indipendenza indiana dall'Inghilterra fu
Gandhi, il Mahatma (Grande Anima).
Dopo essersi laureato in Inghilterra
ed aver avuto delle esperienze di difesa dei cittadini non di "razza
bianca", tornò in India dove elaborò la sua teoria su una nuova forma di
azione politica: la non violenza. Egli sosteneva che un popolo ottiene
sicuramente la vittoria lottando per la giustizia e il diritto quando usa
come arma un'opposizione fermissima e pacifica.
Le armi di Gandhi, la
disobbedienza civile e la resistenza passiva, si rivelarono di una forza
devastante per il dominio inglese: nel periodo tra le due guerre mondiali
egli promosse moltissime manifestazioni pacifiche con la partecipazione di
milioni di persone. L’efficiente amministrazione britannica fu messa in
seria difficoltà dalle manifestazioni, dalla disobbedienza civile, dal
rifiuto di rispondere alla violenza, cosa quest'ultima che presentava gli
Inglesi all'opinione pubblica mondiale come brutali oppressori e
conquistava molte simpatie per gl'Indiani. Né le armi, né il carcere, né
la repressione violenta servivano a qualcosa contro una moltitudine di
persone disposte a subire tutto pacificamente per ottenere
giustizia.
Il programma politico di Gandhi prevedeva la tolleranza verso tutte le religioni, compresa quella musulmana, diffusa in molti territori dell’India, e il riconoscimento della parità tra uomo e donna. Egli sosteneva, inoltre, la necessità di abolire il tradizionale sistema delle caste, che derivava dalla religione induista e divideva la popolazione in livelli diversi di rispettabilità e di valore: gli ultimi, i paria (o "intoccabili"), non potevano nemmeno essere sfiorati dagli altri. Tuttavia, tale divisione, oggi cancellata dalla legge, viene di fatto ancora seguita in vaste zone dell’India, soprattutto nelle campagne. Conclusa la seconda guerra mondiale, gli inglesi concessero l’indipendenza (1947) all’enorme colonia indiana. Appena un anno dopo, Gandhi venne assassinato da un fanatico indù, contrario alla sua politica di tolleranza religiosa.
I diversi capi di governo che si
succedettero in India (ricordiamo Nehru e la figlia Indira Gandhi)
promossero importanti riforme in agricoltura e riuscirono a sviluppare
l'industria, ma la miseria non fu sconfitta completamente sia perché i
problemi molto gravi duravano da tanto tempo, sia per le forti tensioni
religiose, ma soprattutto perché la popolazione è cresciuta moltissimo ed
è ormai vicina al miliardo. Indira Gandhi fu assassinata nel 1984, il
figlio Rajiv fu assassinato nel 1991 da fanatici religiosi.
Dopo
l'indipendenza l'India si divise tra India (che raccoglieva la maggior
parte degli indiani induisti) e Pakistan (che raccoglieva gli indiani di
religione musulmana). Negli stessi anni dell’India, ottennero
l’indipendenza dalla Gran Bretagna anche la Birmania e l’isola di Ceylon
(l’attuale Sri Lanka).
Nel 1949 l'Indonesia ottenne l'indipendenza dall'Olanda; nel 1963 la Malaysia ottenne l'indipendenza dalla Gran Bretagna.
Indocina
Tra il 1945 e il 1955 nei vasti territori del Vietnam, della Cambogia, del Laos si verificò una lunga guerra di liberazione, combattuta soprattutto dal popolo vietnamita.
La secolare indipendenza di Cambogia e Vietnam era stata interrotta nella seconda metà dell'800 dalla Francia, che conquistava l'intera Indocina.
Nel 1945 Ho Chi Min, a capo di un
movimento comunista e nazionalista, proclamò l'indipendenza del Vietnam.
La guerra contro i Francesi prosegui fino al 1954 e si concluse con la
vittoria dei contadini vietnamiti che si batterono per difendere le terre
che erano state loro assegnate da Ho Chi Min.
A conclusione della
guerra, il Vietnam risultò diviso in due
Stati:
a Nord la repubblica comunista di Ho Chi Minh con capitale Hanoi;
a Sud una repubblica appoggiata dagli americani, con capitale Saigon.
Il Sud Vietnam fu attaccato ripetutamente dalle truppe del Nord che voleva unificare il Paese. Nel 1965 gli Stati Uniti d'America intervennero in aiuto del Vietnam del Sud in coerenza con la politica di arginamento del comunismo. In questa impresa gli americani impiegarono modernissimi e potenti armamenti e 35 mila uomini.
L'intervento americano provocò la reazione negativa dell'opinione pubblica mondiale e anche di molti giovani e intellettuali americani. Il regime di Saigon, sostenuto dagli americani, era autoritario, corrotto e non aveva niente di democratico. Molti contadini del sud appoggiavano l'offensiva del nord. Nel mondo molti pensavano che il conflitto vietnamita fosse un problema dei vietnamiti nel quale gli Americani non c'entravano né tanto né poco.
La guerra del Vietnam per gli americani fu un fiasco completo: l'opposizione alla guerra cresceva sempre di più mentre sul piano militare i potentissimi bombardieri facevano migliaia di vittime tra i civili, mentre non riuscivano a scalfire la resistenza dei nemici nascosti tra le foreste e mimetizzati tra i contadini. Infine nel 1975 gli Stati Uniti furono costretti a ritirarsi sia dagli insuccessi militari che dalle proteste sempre più forti dell'opinione pubblica americana.
Il Vietnam divenne uno stato unificato con capitale Hanoi.
Oggi il Vietnam ha stabilito vivaci rapporti commerciali con gli Stati Uniti e il Giappone, ma il regime comunista che lo guida nega alla popolazione libertà e molti diritti civili.
Mao
La Cina non era stata direttamente soggetta alla dominazione coloniale, ma nel corso dell'800 le maggiori potenze europee avevano approfittato della debolezza dell'antico impero cinese per imporgli un durissimo sfruttamento commerciale ed economico.
Nel biennio 1911-12 un movimento nazionalista aveva scacciato l'ultimo imperatore e in Cina era stata proclamata la repubblica. Negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale il Giappone occupò zone sempre più vaste del territorio cinese, contrastato da un'alleanza di nazionalisti e comunisti.Nel 1911-12 un movimento nazionalista aveva mandato via l’ultimo imperatore e la Cina era divenuta una repubblica. Più tardi, negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale, il Giappone occupò parti sempre più vaste del territorio cinese, contrastato da un’alleanza di combattenti nazionalisti e comunisti.
Nel 1948 i comunisti riuscirono a imporsi agli antichi alleati nazionalisti che ripararono a Formosa (oggi Taiwan) e crearono un governo comunista.
Guida supremo della Cina Comunista era Mao Tse Tung. Egli in un primo momento fu alleato dell'URSS, in seguito se ne allontanò perché aveva in mente uno sviluppo economico e sociale diverso. Infatti Mao favorì un comunismo agrario che si basava su cooperative agricole, ma conservava piccolissime proprietà delle singole famiglie contadine. Accanto all'agricoltura fu sviluppato anche l'artigianato, mentre lo sviluppo industriale avvenne con gradualità e tempi più adeguati alle condizioni dell'immenso paese asiatico. I risultati ottenuti furono abbastanza buoni: ebbe termine l'assoluta povertà, cessarono le ricorrenti carestie e fu garantita almeno la possibilità di sfamarsi all'enorme popolazione (oggi un miliardo e 200 milioni di abitanti).
Dal punto di vista della libertà personale e dei diritti civili il comunismo cinese non fu diverso da quello sovietico. Durante la "rivoluzione culturale" della fine degli anni 60 il regime cinese tentò di rieducare con la forza tutti quelli che non si adeguavano perfettamente alle direttive dei capi del partito. La "rivoluzione culturale ebbe termine prima della scomparsa di Mao, avvenuta nel 1976.
Le manifestazioni di piazza Tien-an-Men
Nella guerra fredda la Cina svolse un ruolo proprio, non appoggiandosi né al blocco sovietico, né a quello occidentale, ma sostenne le ex colonie che realizzavano una forma di comunismo nazionale indipendente dall'URSS. Quando negli anni settanta l'economia cinese apparve ormai abbastanza matura da consentirle di esportare i suoi prodotti, essa cominciò a stabilire buoni rapporti con l'Occidente.
I rapporti commerciali con l'occidente non si limitavano alle esportazioni, ma la Cina gradualmente apriva sempre più ai prodotti occidentali, anche quelli in passato ritenuti tipici di una società consumista e decadente. Alla maggiore libertà economica non corrispose un'eguale libertà democratica. Nel 1989 una grande manifestazione studentesca fu repressa dall'esercito nella principale piazza di Pechino, piazza Tien an Men, con contorno di morti, feriti e arrestati. In seguito la vita degli abitanti delle città si è in parte occidentalizzato, ma la democrazia deve ancora fare tanta strada.
L'Africa
In Africa alcuni paesi raggiunsero
l'indipendenza pacificamente: Marocco e Tunisia nel 1956. Altri
affrontarono guerre sanguinose: tra questi lo Zaire (ex Congo belga), il
Mozambico e l'Angola (colonie portoghesi) liberatesi solo nel 1975.
In
genere le colonie francesi e inglesi raggiunsero l'indipendenza senza
conflitti molto gravi, ma fecero eccezione l'Algeria per la Francia e il
Kenia per la Gran Bretagna.
Molti Francesi risiedevano in Algeria
da tanto tempo e si opponevano alla decolonizzazione. In Algeria la
questione fu complicata dal fatto che erano numerosi i francesi che da
tempo vi risiedevano e si opponevano alla decolonizzazione. Ci fu bisogno
del prestigio del generale De Gaulle, che aveva salvato l'onore della
Francia nella seconda guerra mondiale, per convincere il Paese ad
abbandonare la colonia per la quale aveva sostenuto una guerra di otto
anni (guerra d'Algeria, dal 1954 al 62).
Anche in Kenia la presenza di
moltissimi abitanti bianchi portò a a scontri violenti e sanguinosi che
ebbero termine solo nel 1963. Invece l'atteggiamento equilibrato e
ragionevole tenuto da Francia e Inghilterra in altri casi diede loro
notevoli vantaggi sul piano economico e politico sotto forma di rapporti
privilegiati.
Spesso i colonizzatori finanziarono forze armate locali che ostacolassero la decolonizzazione; ad esempio nel katanga alcuni gruppi industriali belgi finanziarono per anni un piccolo stato ribelle contro il legittimo governo del Congo. Il primo ministro Lumumba fu ucciso e sostituito da Mobutu (1965) più disponibile nei confronti degli interessi occidentali.
Africa povera e armata
Il raggiungimento dell'indipendenza africana ha avuto un cammino difficile e doloroso. I paesi africani mancavano spesso di una vera e propria classe dirigente autoctona e di un'amministrazione pubblica organizzata,e questo era un problema grave come la presenza di rivalità etniche e tribali perduranti da secoli.
Oltretutto i paesi africani dovevano fare i conti con gravi problemi economici dovuti all'arretratezza, allo sfruttamento a cui erano stati sottoposti, al nuovo sfruttamento che le nazioni occidentali imposero alle ex colonie dopo il raggiungimento dell'indipendenza.
Mancando una vera e propria classe dirigente, spesso l'unico potere forte nei paesi africani rimaneva l'esercito, in mano a bande di prepotenti rozzi e violenti appoggiati a volte dai sovietici, a volte dagli americani, a volte da gruppi industriali: da ciò centinaia di guerre dimenticate sanguinose e terribili per le morti dovute non solo alle ferite, ma anche alla fame, alle malattie, alla miseria, tristi effetti collaterali. Le lunghe guerre civili africane di cui si parla sui nostri giornali solo di sfuggita, e in occasione di stragi particolarmente mostruose, spesso sono state aggravate anche da fattori etnici e religiosi. Tutto questo ha aumentato l'instabilità del continente, la sua spaventosa povertà, la mortalità infantile.
Sudafrica
In Sudafrica quattro milioni di bianchi dominavano su ventuno milioni di neri, asiatici e meticci. I bianchi erano discendenti dei coloni olandesi che avevano occupato quelle terre secoli prima. Per conservare questo stato di cose fu tenuto in vita a lungo una rigida segregazione che non riconosceva alcun diritto alla popolazione nera: erano proibiti i matrimoni misti, le scuole e i locali pubblici aperti a bianchi e neri insieme; ai neri era permesso abitare solo in appositi quartieri o città, spesso poverissimi e fatiscenti. Dopo anni di scontri, violenze, arresti, pressioni forti dell'opinione pubblica mondiale, questo assurdo e anacronistico regime ha cessato di esistere. Oltretutto, essendo il Sudafrica un paese ricco e industrializzato non poteva continuare per sempre a vivere sullo sfruttamento di lavoratori tenuti in uno stato di semischiavitù. Nel 1994 si è arrivati a libere elezioni che hanno dato la vittoria a Nelson Mandela, sostenitore della pacifica convivenza nel Paese, che aveva pagato la sua lotta per la giustizia con decenni di prigione.
Dalla rivoluzione cubana al regime di Fidel Castro
Antica colonia spagnola, l'isola di Cuba nel 1898 era entrata
nell'orbita degli USA. Dopo la II guerra mondiale si affermò nell'isola il
dittatore generale Batista, corrotto e crudele, ma appoggiato dagli
americani. Nel 1958 il rivoluzionario Fidel Castro, appoggiato da altri
leaders, come Che Guevara, riuscì ad imporre un nuovo governo popolare e a
scacciare Batista.
Fidel Castro inizialmente non era comunista, ma
entrato in contrasto con gli Stati Uniti, che avevano forti interessi
economici nell'isola, fu costretto ad appoggiarsi sempre più all'URSS. Gli
USA tentarono anche un colpo di mano militare organizzando uno sbarco
degli oppositori di Castro, ma questo tentativo fallì.
Approfittando della stretta collaborazione venutasi a creare con il governo di Cuba l'URSS installo una base missilistica nell'isola. Appena gli americani si accorsero di questo fatto reagirono duramente e le basi furono smantellate nel 1962. In cambio dello smantellamento delle basi missilistiche Kennedy si impegnò con Krusciov di rispettare l'indipendenza dell'isola. Il regime castrista divenne sempre più simile a quello sovietico e sempre più duro nei confronti delle opposizioni; questo portò a una vasta migrazione di profughi negli USA.
La rivoluzione castrista ottenne notevoli risultati sul piano sanitario e scolastico, ma si rivelò fallimentare sul piano economico, anche grazie al sabotaggio feroce da parte degli USA. Dopo la fine dell'URSS, che aveva permesso all'economia cubana di sopravvivere, il governo cubano si è rivolto verso forme economiche più libere, ma ad una reale ripresa si oppone l'ostilità americana, la cui collaborazione sarebbe invece necessaria per lo sviluppo definitivo dell'isola. D'altra parte il prezzo da pagare sarebbe il cambiamento completo del sistema politico ed economico cubano.
Le sanguinose dittature di Cile e Argentina
Nella storia recente di molti paesi dell'America Latina classi dirigenti ricchissime e corrotte si sono appoggiate spesso a dittature militari per reprimere le richieste degli strati più miseri della popolazione.
Nell'America Latina all'enorme ricchezza di pochi privilegiati si contrappone una diffusa povertà. Ma anche tra le classi inferiori bisogna distinguere: i più deboli sono i discendenti degli antichi abitatori o degli antichi schiavi. Inoltre molti oppositori, non avendo la possibilità di esprimersi liberamente, sono respinti nella lotta armata.
La scarsa stabilità politica, l’esistenza di una classe dirigente chiusa a qualsiasi cambiamento, l’influenza esercitata sui regimi politici dalle grandi società multinazionali che sfruttano le miniere e le piantagioni, la debolezza delle tradizioni democratiche, la povertà e l’analfabetismo di molti, il peso sproporzionato dei militari: sono queste le ragioni che rallentano o impediscono lo sviluppo sia sociale che economico dei paesi latinoamericani, tanto di quelli ricchi di risorse naturali come il Brasile o il Messico, quanto di quelli più poveri come il Perù, la Bolivia e l’Ecuador
Ricordiamo due casi tra i tanti: Cile
e Argentina.
Nel 1970 fu eletto in Cile il medico socialista Salvator
Allende, il quale diede inizio ad un vasto programma di riforme sociali. I
grandi proprietari terrieri, appoggiati dall'esercito e da alcune
importanti società americane, interessate allo sfruttamento delle miniere
di rame cilene, reagirono immediatamente e con decisione: nel 1973
l'esercito occupò la capitale Santiago, uccise Allende e lo sostituì con
il generale Pinochet, che perseguitò, uccise e mandò in prigione migliaia
di oppositori.
Nel 1988, abbandonato anche dalle classi benestanti che lo avevano sempre appoggiato, Pinochet fu costretto a lasciare il potere rendendo possibili libere elezioni e l'istituzione di un governo democratico. Solo nel 1988 Pinochet, sempre più impopolare anche fra le classi benestanti che lo avevano sostenuto, fu costretto a lasciare il potere. Questo rese possibile lo svolgimento di libere elezioni e la costituzione di un governo democratico.
Asfissiante e crudele fu anche la dittatura miltare che resse l'Argentina dal 1976 al 1983: furono uccisi e fatti sparire nel nulla migliaia di oppositori. Nel 1982, forse nella speranza di unire attorno a sè il popolo argentino, si avventurarono in una guerra inutile contro l'Inghilterra per il possesso delle minuscole e quasi disabitate isole Falkland (o Malvinas). La sconfitta militare fu disastrosa, ma almeno servì a far andar via i generali. Purtroppo i nuovi governi democratici si trovarono a dover affrontare una situazione economica disastrosa. Negli ultimi anni sembrava che le cose si fossero messe a posto, ma negli ultimi giorni (oggi è il 6 febbraio 2002) l'economia argentina ha dichiarato fallimento, la popolazione non può ritirare i propri risparmi dalle banche, gli stipendi valgono zero, le merci mancano, tanta gente per sopravvivere è costretta a incontrarsi in appositi spazi della città per scambiare oggetti o piccoli servizi e lavoretti con roba da mangiare.
Una patria per gli ebrei
Molti Ebrei dell'Europa Orientale,
all'inizio del 900, avevano cominciato ad emigrare in Palestina per
sfuggire all'antisemitismo. La Palestina era allora abitata da una
popolazione araba ed era controllata dagli Inglesi, i quali inizialmente
agevolarono l'immigrazione ebraica.
Durante le due guerre mondiali e
soprattutto durante la seconda l'arrivo in Palestina di Ebrei da tutta
Europa aumentò considerevolmente.
Inizialmente essi comprarono molte terre con i contributi raccolti dagli ebrei di tutto il mondo, poi nel 1974 l'ONU raccomandò la spartizione della Palestina fra i coloni ebrei e gli arabi palestinesi, ma la proposta fu respinta dai paesi confinanti. Il 14 maggio 1948 gli ebrei costituirono ugualmente il loro stato e lo chiamarono Israele: il nuovo paese fu subito attaccato, ma le truppe assalitrici furono respinte dal piccolo esercito israeliano.
Guerra e pace in Palestina
Le guerre tra arabi e palestinesi continuarono a più riprese nei decenni successivi. Il problema dei rapporti tra i due paesi è stato e continua ad essere un motivo di instabilità in Medio Oriente. Ogni tanto sembra che la pace sia più vicina, ma poi si riallontana.